Serial Crush Innamorati delle serie tv!
Continua a vele spiegate quella che è stata già da molti riconosciuta come la serie evento dell’anno, non una grande sorpresa, visto l’hype che si era creato nel corso del tempo dei suoi confronti. La seconda puntata ha una funzione ulteriormente esplicativa ed introduttiva, che permette di ampliare e chiarire molti elementi già presenti nel pilot, e inoltre ha anche quella di compiere dei passi avanti sempre in linea con il percorso tracciato da The Original.
La serie scritta e ideata da Jonathan Nolan e Lisa Joy si sta dimostrando una serie non facile, costituita da materiale altamente difficile da trattare e forse per questo la HBO ha puntato su molti grandissimi nomi: non dimentichiamoci infatti che oltre agli autori e agli attori di altissimo livello, la serie ha alle sue spalle come produttore esecutivo anche J.J Abrams, una sorta di divinità in ambito televisivo.
Chestnut vuole ampliare la narrazione e per far questo decide di analizzare maggiormente il punto di vista dei visitatori, che era stato un pochino tralasciato nel primo episodio in cui ci era maggiormente focalizzati sugli androidi e in particolar modo su Dolores. Tuttavia non viene del tutto abbandonata l’analisi dei robot che continua spostando la lente d’ingrandimento su Maeve.
Quello che Nolan e Joy hanno voluto mostrare in questa puntata è la freddezza dei visitatori e i vari motivi per cui loro si recano a Westworld, un mondo in cui, essendo concessa qualsiasi cosa, gli uomini possono capire ancor di più quello che sono realmente; così vengono posti di fronte a noi due visitatori diametralmente opposti: uno desideroso di trasgredire, di compiere tutto ciò che non è lecito nel mondo reale, l’altro invece curioso di scoprire questo nuovo mondo che gli viene posto davanti, ma non intenzionato a sfruttare tutte quelle possibilità e quelle trasgressioni che quell’universo gli offre.
Maeve è invece il filo conduttore più deciso che porta avanti il focus sugli androidi: anche Maeve comincia a mostrare dei ricordi, come il padre di Dolores, anche lei comincia ad essere cambiata da questi ultimi fino ad arrivare al finale di puntata che sorprende, ma non troppo.
Da sottolineare come questo tema di una possibile coscienza, di una sofferenza che vivono gli androidi di fronte alle loro memorie che cominciano a riaffiorare, sia un tema già affrontato da Nolan, con grandissimi risultati, nella sua prima creatura Person Of Interest: anche lì ci si chiedeva se una macchina può provare dei sentimenti, se un uomo può empatizzare ed emozionarsi per una entità che non ha niente di umano, ebbene questo sembra una continuazione e allo stesso tempo una ripresa di quel discorso, solo che in questo caso sembra essere proprio il centro fondante della serie sin dalle sue prime battute.
Infine continua anche la visita di Ed Harris a Westworld. Il suo personaggio, finora il più misterioso, continua quella ricerca personale di cui lo spettatore al momento riesce ancora a sapere ben poco e speriamo, visto l’alone di mistero che stanno creando intorno ad essa, che alla fine ne valga la pena.
Chestnut è una puntata che funziona meglio del pilot, già di un buon livello, non perché sia effettivamente cambiato qualcosa, al di là della struttura meno ripetitiva e più fluida, ma perché la tela comincia ad essere più chiara, i meccanismi di Westworld e dei visitatori più chiari, e quindi la visione, risultando meno impegnativa, permette anche allo spettatore di soffermarsi maggiormente sulle qualità del prodotto che ha davanti. Il finale ci pone di fronte ad un nuovo ciclo di Westworld che sta per avere inizio, con ben poche idee su quello che potrà accadere più avanti.
Westworld si conferma dunque una serie di livello qualitativo elevato, la seconda puntata è più scorrevole e meno macchinosa rispetto alla prima, il che fa ben sperare, tuttavia alla serie manca ancora quella scintilla che ha permesso a Dolores e anche a Maeve di diventare qualcosa di diverso.
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